©Lu Guang
01Febbraio/21
Approfondimenti

Blue

L'ombra oscura del capitalismo

Ve lo diciamo subito: BLUE, ultima fatica di Luca Santini e Matteo Natalucci, non è un libro semplice da sistemare in una libreria (e fra poco vi spiegheremo perché), ma a nostro parere vale il prezzo del biglietto.

Risaltano immediatamente agli occhi i tre elementi grafici che quest’opera mostra con baldanza: il formato del libro, il titolo e l’enorme codice a barre stampato sulla metà superiore della copertina, che un po’ suggerisce a chi sia rivolto il j’accuse dei due autori.

Il primo aspetto, il formato, colpisce in quanto ricorda quello di un quotidiano. Quotidiano, è esattamente l’aggettivo di uno dei concetti chiave di questo libro sugli allevamenti intesivi. Perché è il nostro stile di vita a renderli necessari, perché quotidiana è la loro messa in opera e quotidiane le sofferenze degli animali.

Il secondo elemento, il titolo, ci è parso un chiaro riferimento al secondo significato della parola inglese blue, ovvero tristezza. Si tratta del secondo sentimento che il libro richiama in noi, immediatamente dopo lo sdegno. Le immagini, in prima battuta, attraverso il dolore degli animali ci rendono i soggetti più familiari. In un secondo momento però è una riflessione sul sistema, quindi sull’uomo, quindi su noi stessi, a farsi strada nella nostra testa. La presa di coscienza che ne deriva è quindi più ampia di quanto ci si aspetti.

Il terzo elemento, infine, il codice a barre, ci svela chi è “l’assassino”.

La scelta di far indossare cappottini ai cani e di ospitare centinaia di capi di bestiame in spazi fortemente inadeguati denota un tratto essenziale dell’essere umano moderno, ovvero la nostra attuale visione del pianeta come di un qualcosa da destinare al nostro esclusivo uso e consumo, da modificare in funzione della nostra comodità. Abbiamo cominciato a dare un prezzo ad ogni cosa, prima, e ad ogni sfumatura etica poi. Quel codice a barre è virtualmente iscritto su qualunque essere vivente e qualunque oggetto inanimato su questo pianeta.

Ma cominciamo a sfogliare le prime pagine.


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Blue - L'ombra oscura del capitalismo
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo - Matteo Natalucci
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo - Luca Santini
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Blue - L'ombra oscura del capitalismo - Copertina

Il primo terzo del libro è una discesa verso gli inferi: le atmosfere cupe, le luci fioche, l’approssimarsi dei luoghi misteriosi che dapprima si vedono solo in lontananza e poi pian piano diventano più definiti e tangibili, cominciano a creare un mood essenziale alla piena comprensione di ciò che segue.

Il lettore a quel punto forse può già immaginare l’ambito in cui gli autori lo stanno conducendo, ma ne ha la certezza subito dopo la carrellata di immagini di ambiente.

Una volta seguiti i due fotografi nella tana del bianconiglio, infatti, la visione che si para davanti agli occhi è impossibile da ignorare. Immagini buie, contrastate da lampi di flash, ci catapultano negli ambienti eccessivamente angusti e certamente malsani, da cui proviene il nostro cibo.

Descrizioni e didascalie diventano improvvisamente superflue. Il connubio di una postproduzione così cruda e l’ampio formato di immagini ci permette di sentire sulla nostra pelle le sofferenze e le privazioni alle quali sono costretti gli animali, i quali perdono ogni diritto nell’attimo in cui gli viene attribuito un prezzo.

Sono scorci di situazioni denunciate a più riprese dai movimenti animalisti, ma alle quali nessuno di noi riesce mai ad abituarsi. Semplicemente perché ci sembra vadano in contrasto con tutto ciò in cui crediamo. Persino i maggiori appassionati di carne, quando addentano una bistecca o un succoso hamburger, per un attimo immaginano provenga da un animale nutrito a verdi pascoli ed acqua pulita.

Pie illusioni.

La verità è magistralmente raccontata in questo libro, che di nascosto (come gli autori per realizzarlo) ci fa entrare in questi luoghi da incubo e nutre le nostre coscienze.

Crediamo che per scelta di editing e/o semplicemente per un messaggio che gli autori abbiano voluto dare, si decida di non adottare un finale canonico: questo libro ci lascia in qualche modo con la sensazione che il discorso non sia affatto chiuso. E la postfazione, a cura di Wu Ming2, infine ce lo conferma.

Un’opera, insomma, che ci sentiamo fortemente di consigliare sia dal punto di vista fotografico/reportagistico, sia da quello della tematica in sé.